Il datore di lavoro mi maltratta: cosa fare?
I maltrattamenti sul luogo di lavoro possono essere una brutta realtà per un lavoratore, eppure troppo spesso dei datori di lavoro si sentono in diritto di offendere o maltrattare verbalmente i loro sottoposti, solamente perchè in quel momento ne hanno l’autorità.
Il rispetto sui luoghi di lavoro è davvero fondamentale, e purtroppo tanti lavoratori scelgono di subire perchè hanno timore di subire delle ritorsioni, fra cui la più temuta di sicuro è la perdita del lavoro, laddove dovessero ribellarsi.
Quando il datore manca di rispetto
Ma offendere il dipendente non è giusto e maltrattarlo neppure: che si tratti di insulti, brutte parole o maltrattamenti di sorta, in ogni caso il lavoratore ha dei diritti che devono essere rispettati. Per questo motivo è molto importante che ogni lavoratore sappia che cosa fare quando il datore di lavoro lo tratta male.
Ma prima di capire cosa fare, cerchiamo di comprendere quando il datore di lavoro maltratta il dipendente: in particolare, cosa è concesso fare al datore di lavoro e che cosa no?
Ad esempio, per andare sul concreto..
il datore di lavoro può sgridare il dipendente oppure no?
Il datore di lavoro può esercitare nei confronti del dipendente il c.d. richiamo verbale: si tratta di un richiamo fatto a parole (lo potremmo anche chiamare, semplicemente, una sgridata) nel caso in cui il lavoratore abbia combinato qualche guaio non troppo grave.
Lo scopo del richiamo verbale è evitare che il dipendente rimetta in opera il comportamento sgradito.
Sia ben chiaro che il richiamo verbale non deve ledere alla dignità del lavoratore né deve in alcun caso mancargli di rispetto, perchè in questi casi il lavoratore ha diritto a farsi valere.
Un richiamo è semplicemente una sgridata che però non deve contenere insulti né umiliazioni verso il lavoratore. Vediamo adesso quali armi ha a disposizione il lavoratore che venga maltrattato dal datore di lavoro.
Maltrattamenti sul lavoro: cosa si può fare
Un insulto, un maltrattamento sul luogo di lavoro, così come le offese proferite dal datore di lavoro nei confronti del dipendente, può configurare il reato di diffamazione nel quale caso è possibile per il lavoratore sporgere querela.
Vogliamo ricordare che l’offesa, fatta quando il lavoratore non è presente ma in presenza di almeno altre due persone (che siano colleghi, o anche fornitori o clienti poco conta) configura il reato di diffamazione contro il quale il lavoratore può sporgere querela verso il datore di lavoro, senza rischiare per questo di perdere il posto.
Infatti, il licenziamento è possibile per cause economiche o per il comportamento del lavoratore, non può certo basarsi su una denuncia.
Di conseguenza, in caso di insulti ed offese fatte non in sua presenza il lavoratore ha possibilità di denunciare il datore di lavoro.
Se il comportamento del datore di lavoro si prolunga nel tempo (non è, quindi, sporadico) allora si può configurare il reato di maltrattamento: la giurisprudenza riconosce il maltrattamento nella condotta del datore di lavoro che usa offese e improperi contro i lavoratori. L’importante, in questo caso, è raccogliere le prove (testimonianze, ad esempio) a proprio favore.