Quando un soggetto viene morso da un cane appartenente ad un altro soggetto, il proprietario del cane sarà sottoposto a sanzioni amministrative e civili.
Tuttavia in casi gravi, la sanzione può ricadere nel settore penale.
A riguardo, l’ordinamento italiano è molto accorto nel prevedere una gamma di controlli atti ad escludere che il morso sia stato infetto.
Inoltre, ci si premura di verificare che atti aggressivi del genere non si reiterino nel tempo.
Il detentore dell’animale incriminato risponde dunque dell’accaduto anche in sede penale.
Questo in quanto la vittima della lesione subita ha diritto sia ad essere risarcita per il danno patrimoniale sia per quello non patrimoniale.
Le lesioni subite e la loro gravità
Ovviamente il morso di un cane comporta la comparsa di lesioni fisiche personali, che possono essere più o meno gravi a seconda dell’intensità dell’atto stesso.
Proprio in base alla tipologia di lesioni, il proprietario del cane potrebbe essere penalmente responsabile, a meno che il fatto non appaia “tenue”. In tal caso, la questione può essere risolta anche dinanzi al Giudice di Pace.
Questo in virtù del fatto che il padrone dell’animale ha l’obbligo non solo di risarcire i danni subiti dalla vittima del morso, ma risponde anche del reato di lesioni colpose.
Il nostro ordinamento tuttavia ha previsto una riduzione della responsabilità penale qualora le lesioni procurate non risultino gravi.
In tale ultima ipotesi, se la condotta non appare abituale, ovvero se l’evento non si fosse mai manifestato sino ad ora, non vengono applicate le sanzioni previste dal c.p.
Sanzioni che concernono la reclusione fino a tre mesi e la multa fino a 309 euro. Tale ultima decisione proviene da una recente sentenza della Cassazione.
La tenuità del fatto nell’articolo 590 cp
Tornando al concetto poc’anzi accennato di tenuità, stando ad una recente riforma del codice penale, se un fatto viene ritenuto tenue, non si applica la pena prevista.
Ma cosa vuol dire fatto tenue ?
La legge effettua una valutazione a priori facendovi rientrare tutti quei reati punibili attraverso una sanzione pecuniaria o con la reclusione fino a massimo cinque anni.
Qualora la pena non superi questi limiti e il colpevole non è “abituale” ossia non abbia già commesso altre volte il medesimo reato, il processo penale viene archiviato nell’immediato.
Si verifica in tal senso una causa di non punibilità.
Questa non punibilità dunque vale anche per colui che detentore di un cane, abbia lasciato lo stesso incustodito o senza protezioni, consentendogli di aggredire un terzo soggetto.
Secondo alcune sentenze della Cassazione, la tenuità del fatto non vale soltanto in ambito penale ma anche qualora il giudizio arrivi al cospetto del GdP.
La responsabilità penale del proprietario del cane
Ma veniamo dunque alla responsabilità penale, in cui incorre il proprietario o il detentore dell’animale ai sensi dell’art. 590 c.p., ovvero lesioni personali colpose.
Il suddetto reato è applicabile se la vittima dovesse subire una lesione personale e se al contempo il padrone del cane è incorso in cause di colpa nella custodia e/o nella vigilanza sull’animale.
Le lesioni personale colpose rappresentano un reato perseguibile a querela di parte.
La qual cosa vuol dire semplicemente che per l’intervento dell’autorità giudiziaria occorre che la parte lesa presenti una querela in un lasso di tempo massimo di 3 mesi dall’evento lesivo.
La querela può essere sporta sia scritta che in forma orale presso la Polizia di Stato, i Carabinieri o direttamente in Procura della Repubblica.
Sintesi a cura dello Studio legale
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