Esclusione dei patronati dal Decreto Flussi 2025
La decisione del Governo di escludere i patronati dall’inoltro delle domande per il nulla osta al lavoro solleva proteste e preoccupazioni. Cgil e altre associazioni denunciano una mossa che potrebbe favorire il lavoro nero e danneggiare le fasce più vulnerabili.
Un ostacolo alla regolarizzazione degli immigrati in Italia?
La recente esclusione dei patronati dal processo di inoltro delle domande di nulla osta per lavoratori stranieri, sancita nel Decreto Flussi 2025, ha provocato una forte reazione da parte delle organizzazioni sindacali e degli enti di assistenza sociale.
La misura, annunciata in una nota tecnica dei Ministeri dell’Interno e del Lavoro, interrompe una prassi consolidata da oltre 16 anni, che vedeva i patronati offrire assistenza gratuita per favorire un’immigrazione regolare e controllata.
Questa scelta, definita “sconcertante” e “arrogante” dai principali patronati italiani, è percepita come un passo indietro nella gestione dei flussi migratori e una minaccia ai diritti degli immigrati. Le associazioni temono che questa modifica avrà conseguenze gravi, tra cui l’incremento del lavoro nero e delle irregolarità, colpendo in particolare le persone più vulnerabili.
Esclusione dei patronati: cosa cambia?
Con la pubblicazione del Decreto Flussi 2025, il Governo italiano ha modificato l’accesso al Portale Ali, la piattaforma digitale utilizzata per presentare le richieste di nulla osta per i lavoratori stranieri. In base alle nuove disposizioni, i patronati, che per anni hanno svolto un ruolo essenziale nell’assistenza gratuita ai cittadini stranieri e ai loro datori di lavoro, sono stati esclusi dai soggetti autorizzati all’invio delle domande.
Questo cambio di politica interrompe una collaborazione istituzionalizzata dal 2007 attraverso un protocollo formale che, in mancanza di un preavviso di disdetta, si riteneva tacitamente rinnovato anche per il 2025. Il patronato della Cgil, l’Inca, ha espresso forte disappunto in un comunicato ufficiale, definendo la decisione del Governo come un atto di volontaria ostilità verso la regolarizzazione degli immigrati.
Il ruolo dei patronati e l’impatto dell’esclusione
I patronati, negli anni, si sono dimostrati una risorsa indispensabile per gli immigrati, facilitando il complesso processo di regolarizzazione e riducendo il rischio di errori burocratici. Secondo Michele Pagliaro, presidente dell’Inca Cgil, questo cambiamento colpisce particolarmente le persone “più fragili”, che rischiano ora di essere lasciate senza supporto adeguato, rendendo così più complesso e oneroso il percorso di regolarizzazione.
Gli enti di assistenza, come i patronati, rappresentavano infatti una valida alternativa alle consulenze private a pagamento, garantendo un accesso equo e trasparente ai servizi per l’immigrazione.
Pagliaro sottolinea inoltre che, in un contesto di crescente domanda di manodopera straniera, la decisione di escludere i patronati rappresenta un controsenso, poiché scoraggia proprio quella regolarizzazione che il Governo dichiara di voler promuovere.
“Un atto di arroganza”, commenta Pagliaro, riferendosi alla misura come a una manovra che sembra avvantaggiare i consulenti privati, autorizzati a fornire lo stesso servizio ma con la possibilità di richiedere un corrispettivo economico.
Patronati e sindacati: proteste e preoccupazioni
L’esclusione dei patronati ha scatenato proteste anche al di fuori dell’ambito parlamentare, con altri enti e associazioni, tra cui le Acli e l’Ital della Uil, che hanno alzato la voce per esprimere la loro contrarietà.
Giuliano Zignani, presidente dell’Ital, ha denunciato la scelta del Governo come una grave ingiustizia, considerando l’importante contributo che i patronati hanno dato nel facilitare l’integrazione legale degli immigrati.
La misura viene percepita come un tentativo di ostacolare il lavoro gratuito dei patronati, affidando il processo di regolarizzazione a professionisti privati che potrebbero non avere la stessa attenzione verso i diritti dei più deboli.
Anche Paolo Ricotti, presidente delle Acli, ha manifestato preoccupazione. “Nonostante il Governo sostenga di voler promuovere la legalità – ha affermato Ricotti – di fatto, lascia che il processo di regolarizzazione degli immigrati ricada nelle mani di interlocutori che non operano con finalità di tutela”. Secondo Ricotti, il rischio è che questa decisione alimenti fenomeni di lavoro nero e sfruttamento, esponendo gli immigrati a situazioni di precarietà e abusi.
Insomma, l’esclusione dei patronati dall’inoltro delle domande per il nulla osta al lavoro, come stabilito dal Decreto Flussi 2025, rappresenta una svolta controversa nella politica migratoria italiana. Se da una parte il Governo dichiara di voler contrastare l’immigrazione irregolare e promuovere la legalità, dall’altra questa scelta sembra tradire questi obiettivi, ostacolando la regolarizzazione e favorendo potenzialmente il ricorso a lavoro irregolare e sfruttamento.
Patronati e sindacati, che da anni rappresentano una voce di supporto per le fasce più vulnerabili, chiedono a gran voce un ripensamento di questa decisione, auspicando che il Governo torni a collaborare con gli enti di assistenza per costruire un sistema di immigrazione più equo e sostenibile.
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