Omissione di soccorso dopo investimento di un animale domestico: profili giuridici e conseguenze legali
In Italia la tutela giuridica degli animali si è andata progressivamente rafforzando, trovando espressione non solo in normative specifiche, ma anche in disposizioni del Codice della Strada e del Codice Penale.
Quando un automobilista investe un animale domestico – come un cane o un gatto – e non si ferma a prestare soccorso, si attiva un quadro sanzionatorio che può variare da un illecito amministrativo fino a una fattispecie penale in presenza di determinati presupposti. Andiamo a sviscerare da vicino la cornice normativa italiana circa tutela degli animali e obblighi degli automobilisti.
Investimento di animali: l’obbligo di fermarsi e prestare soccorso
L’art. 189, comma 9-bis del Codice della Strada stabilisce che chiunque, in caso di incidente stradale con danno a uno o più animali d’affezione (come cani e gatti), da reddito o appartenenti a specie protette, ha l’obbligo di fermarsi e di attivare ogni mezzo utile a garantire l’intervento delle autorità o del servizio veterinario.
Tale obbligo si applica anche se l’automobilista non è direttamente responsabile dell’incidente: infatti, il dovere di prestare soccorso grava su tutti i conducenti coinvolti, seppur con sanzioni differenziate a seconda della posizione soggettiva.
In caso di violazione, l’inadempimento costituisce un illecito amministrativo punito con sanzione pecuniaria da 413 a 1.658 euro per l’autore dell’investimento, e da 83 a 331 euro per i conducenti estranei alla responsabilità dell’evento ma comunque coinvolti.
Omissione di soccorso e conseguenze penali: quando si configura il reato
Se dalla condotta omissiva deriva la morte dell’animale, l’illecito amministrativo può trasformarsi in reato, integrando la fattispecie prevista dall’art. 544-bis c.p., rubricato “Uccisione di animali”.
Tale norma punisce con la reclusione da 4 mesi a 2 anni chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagioni la morte di un animale. Secondo l’interpretazione fornita dalla giurisprudenza, in particolare dalla Corte di Cassazione, il concetto di “condotta” include anche il comportamento omissivo, ossia il mancato intervento dopo un incidente con un animale che versa in condizioni critiche.
La Suprema Corte ha affermato che si configura il reato in questione anche nel caso in cui il conducente ometta di prestare soccorso, senza giustificato motivo, impedendo che l’animale riceva cure tempestive, determinandone la morte.
È irrilevante che l’investimento sia avvenuto in modo accidentale e in assenza di dolo: la responsabilità penale può derivare anche dalla negligenza, imprudenza o imperizia, nonché da una mera omissione consapevole.
In un caso emblematico, la Cassazione ha confermato la condanna di una conducente che, dopo aver investito un gatto all’interno di un cortile condominiale, impedì alle proprietarie dell’animale di soccorrerlo, causando così la morte dell’animale per mancata assistenza veterinaria. La Corte ha qualificato la condotta come uccisione senza necessità, ex art. 544-bis c.p., ritenendo insussistente qualsiasi scriminante.
Ambito oggettivo: quali animali sono tutelati?
L’obbligo di fermarsi e attivare i soccorsi non riguarda indistintamente tutti gli animali. La legge tutela:
- Animali d’affezione (cani, gatti, ecc.);
- Animali da reddito (bovini, suini, equini);
- Animali appartenenti a specie protette.
Sono invece esclusi dall’ambito di applicazione animali selvatici non protetti o infestanti, come topi o, in alcune situazioni, cinghiali, a meno che non siano oggetto di specifica tutela regionale o inseriti in programmi di conservazione ambientale.
Chi chiamare in caso di incidente con un animale?
Nel caso di investimento di un animale, l’automobilista è tenuto a contattare tempestivamente le autorità competenti, anche se la legge non indica un soggetto unico di riferimento. È prassi rivolgersi a:
- Servizi veterinari delle ASL;
- Carabinieri Forestali;
- Polizia Municipale o Locale;
- Corpo di Polizia Provinciale;
- Centri di recupero per fauna selvatica;
- Studi veterinari di zona (soprattutto in mancanza di altri riferimenti immediati).
È importante segnalare l’incidente tempestivamente, poiché ogni ritardo può incidere sulla responsabilità dell’automobilista in sede civile e penale.
Rimborso delle spese veterinarie: chi ne risponde?
Un aspetto poco conosciuto ma rilevante riguarda le spese veterinarie sostenute da soggetti terzi – cittadini, volontari o associazioni – per curare un animale randagio investito.
Secondo l’orientamento attuale, tali costi non sono rimborsabili da parte dello Stato, del Comune o di altri enti pubblici, salvo specifiche convenzioni o regolamenti comunali che prevedano il rimborso per interventi effettuati su animali randagi o abbandonati.
Chi si fa carico della spesa lo fa, quindi, a proprio rischio, e può eventualmente agire in regresso nei confronti del conducente responsabile, purché vi sia prova certa dell’identità dello stesso e del nesso causale tra l’omissione e le lesioni dell’animale.
Un obbligo non solo morale
Prestare soccorso a un cane o a un gatto investito non è solo un dovere etico, ma un obbligo giuridico la cui violazione può comportare gravi conseguenze legali.
La normativa italiana tutela sempre più i diritti degli animali, riconoscendoli come esseri senzienti e non più semplici “cose” ai sensi del diritto civile. In questo contesto, l’automobilista negligente o indifferente rischia di dover rispondere davanti al giudice, non solo per il danno causato, ma anche per la sua mancata umanità.